mercoledì, gennaio 8

Six cuts.

9 Gennaio 2516,
Hall Point.
Interno notte.


Marshall torna nella stanza da pochi dollari, male ammobiliata, del motel più economico di Hall Point trascinandosi addosso i postumi di un’insofferenza fonda. Atterrare sul letto, troppo morbido, è come accusare il rollio nauseante di una barca tormentata dalla risacca del porto, e anche il soffitto sembra ondeggiare nella strettoia fra le palpebre. Annaspa, masticando una smorfia, e si contorce sul materasso per sottrarre alla tasca il cortex pad e buttarlo sul comodino. Ci mette tanta irruenza da farlo rimbalzare sulla superficie lucida del mobile, rotolando senza suono sulla pelliccia soffice e stinta del pavimento in moquette – l’intruglio chimico con cui la lavano ha un odore orrendo che basta a rivoltargli lo stomaco. Passano forse venti secondi prima che la smania lo costringa a girarsi con uno spasmo nervoso di muscoli, appuntando i gomiti sulla coperta. Raspa l’avambraccio sinistro con i polpastrelli ruvidi, trovando con urgenza il cerotto bianco incollato alla pelle; lo strappa via per scoprire i contorni arrossati del segno nero che chiude la fila di sei tacche tatuate in bell’ordine, dalla più sbiadita sopra il polso a quella fresca, ancora umida, a metà dell’ulna. Ci passa su la lingua per raccogliere l'inchiostro e il sangue a occhi chiusi. Da qualche parte c'è un soldato chiuso in una cella, chiusa in un carcere federale, chiuso in una base alleata, chiusa dentro una città, un pianeta, un sistema solare. Da qualche parte c'è una ragazza di vent’anni chiusa in una bara, e una bambina che non l'ha mai vista ma le porta fiori freschi tutte le domeniche. Chissà se i fiori si trovano ancora, nei crateri delle bombe. Marshall sospira con le labbra affondate nella curva solida del gomito, ingoiando e sputando l’aria attraverso gli spasmi regolari delle narici.
Ci ghigna sopra.

"Buon anniversario e vaffanculo, stronzo."