lunedì, gennaio 20

A man’s at odds to know his mind cause his mind is aught he has to know it with.

19 Gennaio 2516,
Armageddon (Safeport).
Interno notte.


Cristobal sembra venuto fuori dalla parete di metallo, sgusciato attraverso le lamiere d’acciaio come un fantasma. Sul torso nudo i tatuaggi s’intrecciano sagomando le ossa, risucchiati entro l’orlo del pantalone mimetico scorciato a metà dei polpacci infilati negli anfibi. Accosciato in cima al catwalk con le dita aggrappate alla ringhiera, una sigaretta in bocca e il teschio di un uccello appeso al collo, dondola la testa fra una spalla e l’altra mentre sbircia i pugni nudi di Marshall incastonare l’impronta delle nocche sulla pelle tirata del sacco di sabbia che pende a un angolo della stiva.

"Non sei un po’ stanco di ignorarmi?"

Il fumo azzurro che brucia sulla cima della cicca accesa scivola dolcemente verso il soffitto, colmando l’atmosfera di un odore stucchevole e familiare. Marshall deglutisce un mattone di saliva con la fitta incuneata, nello spazio fra le dita serrate, dall’impatto col costato solido del sacco da boxe.

"You're in jail." – lo schianto sordo dell’ennesimo pugno segna la lacerazione arresa della pelle, già raggrumata di vecchie cicatrici, che si apre sul dorso delle nocche strisciando il cuoio di sangue.

"Caralho, non penso proprio!"

Oxossi ride a palpebre sgranate, raddrizzando la nuca tatuata con un guizzo svelto di muscoli nervosi; gli stessi che lo riportano saldamente in equilibrio sulle gambe stese. Curva le spalle nude, aggrappando le dita di una mano al ciondolo macabro senza il quale Lee non lo ha mai visto, mentre addossa gli avambracci alla balaustra metallica e si sporge a sbirciare il compagno di stanza dall’alto in basso.

"A-ah. – lo rimprovera, bonariamente, succhiandosi l’anima della sigaretta a boccate avide; – … Ti avevo avvertito, credo, che non si scherza con gli spiriti. Vengono la notte a morderti le caviglie, ti trascinano nel bosco."

"Ain’t no woods ’round here."

"… ¡Ay!, la tua testa è tutta una giungla."

Marshall scuote le spalle tornite, irrigate di muscoli indolenziti. Tira pugni al sacco da ore, ma non si era reso conto di avere il fiato corto fino a questo momento. Spalma una mano larga sulla fronte, trascinando i capelli sudati contro il cranio; lo sguardo slavato si arrampica sul catwalk a margine, mentre la testa incontra la carne tesa e inanimata del sacco. Aggrappa le dita libere alle pieghe sformate della canotta larga, appiccicata di chiazze umide. Serra le palpebre, le risolleva. Cristobal è ancora lì, col sorriso largo appeso al filtro della sigaretta.

"Jeez, vattene."

"Ti fidi più di Cortès o dei tuoi sensi?" – lo scheletro smuove le spalle, oscillando sul sostegno della ringhiera di ferro.

Di qualsiasi marca sia la cicca che ha fra i denti, fa una quantità di fumo incredibile; la stiva è piena di nebbia, e l’odore che gli squaglia i nervi e il cervello Marshall impiega un tempo bizzarramente lungo a identificarlo.
Bloom.

"Fuck, smetti di fumare quella merda."

"Che, non ti piace?" – il sorriso di Cristobal è troppo largo. Mano a mano gli prende tutta la faccia da teschio, srotolandosi come una falce di luna grottesca.

"Piantala."

"… Non posso."

Lee scolla la fronte dal dorso insanguinato del sacco, schiantandoci la testa in coda a una frustata violenta della nuca. Trascina indietro una falcata barcollante, ristabilisce le distanze, inghiotte il formicolio denso d’inquietudine che gli ha invaso la gola. Strofina il dorso di una mano sotto il naso come se potesse rasparsi via le narici, sigillare lontano dai propri polmoni l’odore che gli riempie le fauci di saliva.

"Perché no."

Oxossi alza le spalle, piegando la testa da un lato per propinargli un sorriso arrendevole, dolciastro di compatimento.

"…
Perché me l’hai messa in bocca tu."



 […]

[Marshall riceverà diverse foto scattate dal pad di Moloko, poco nitide. Si susseguono senza ordine ne cognizione di causa, il medico potrebbe anche sospettare che quell'improvviso gesto folle sia legato a una totale mancanza di lucidità; all'atto pratico la 'leafer deve aver ingurgitato abbastanza alcool da innescare una serie di scatti a catena uno più storto dell'altro. La prima foto è presa dal basso verso l'alto, sembra l'interno di un saloon di safeport. L'inquadratura riprende la gonna di una donna senza mutande (sicuramente una prostituta). L'altra invece è presa dall'alto e si vede chiaramente la carnagione scura dell'ennesima femmina (senza volto); clavicole sporgenti e un paio di tette a balcone. L'ultima invece è stata scattata all'aperto, in uno dei tanti vicoli che affollano la baraccata; l'inquadratura è obliqua, un pò mossa, si intravede mezza faccia di Cortès con gli occhi chiusi e un sorriso ebete - un pò incerto e un pò delirante. Dietro di lei, un pezzo di muro su cui campeggia una scritta nera su una lamiera di acciaio bucato dai proiettili: ' you were always a good fuck ']