martedì, gennaio 14

Lost causes.

18 Marzo 2496,
Bullfinch (Amarillo).
Esterno giorno.


FIGLI ALLEVATI PER LA MORTE, CASE EDIFICATE PER LA DECADENZA:
TUTTO CIÒ A CUI VI DEDICATE È DESTINATO ALL’ANNIENTAMENTO.

Dice il cartello di legno scheggiato, la vernice vecchia tenacemente intrisa nelle venature porose e imbarcate d’acqua; è storto e sbilenco, appeso malamente in cima a un palo confitto nel terriccio. Marshall ha tredici anni e lo prende a sassate coi grumi di pietra e terra raccolti sul ciglio della strada. Mitchell, quindici, fuma una sigaretta col culo piazzato sulla staccionata.

"Non lo tiri mica giù così."

"Fottiti."

Marshall raccoglie un altro sasso; lo manda a rimbalzare contro il legno che trema e si scheggia. Il ‘se‘ di ‘case‘ schizza via e il minore dei Lee si torce su se stesso, schiaffando sulle labbra un ghigno ripido mentre s’inchina al cospetto del fratello maggiore. Mitchell batte le mani, per nulla impressionato, con la cicca stretta in mezzo ai denti.

"Tanto ne piantano un altro, lo sai? – alza le spalle, spingendosi in gola una leccata di fumo; – … I pezzi di merda."

Marshall raddrizza la linea guizzante della schiena, sollevando un dito medio sporco di terra e occhi limpidi come sorgenti d'alta montagna; almeno altrettanto freddi.

"Jeez, Mitch, fuck off. Tu sei peggio di loro, e i figli non li fai proprio … Tanto poi muoiono." – storce le labbra e ispessisce la voce, facendo il verso al primo della covata con una leccata di fiato cavernosa e nasale.

Mitchell gli sbatte addosso una spruzzata di terriccio in punta di stivale, digrignando un sorriso obliquo e vagamente sornione. Piega di lato la testa bionda, appendendosi l'orecchio sulla spalla, e rigira il mozzicone fra le dita lunghe e spesse, già piuttosto callose per la sua età. Setaccia il fratello minore da cima a fondo, mentre Marshall si scrolla di dosso la polvere e grugnisce un paio di bestemmie con leggerezza cruda; scrolla la testa e schicchera via il filtro consumato della cicca.

"Prima di venire a farmi la morale tagliati quei capelli da ragazzina."

L’ennesimo sasso destinato all'insegna di legno lo colpisce un paio di dita più su del sopracciglio destro. Mitchell allarga le palpebre, tastandosi la pelle umida di sangue a labbra schiuse di stupore incerto, e non sa se ridere o gridare. Sputa per terra un bolo denso di saliva prima d’investire Marshall a pugni stretti.

Un’ora più tardi sono tappezzati di lividi, sdraiati sotto il palo di legno, mezza sigaretta a testa in bocca (cercare di accaparrarsi la metà senza filtro è costato, al fratello minore, un ulteriore labbro rotto) ed occhi stretti contro i riflessi sanguigni del tramonto. Marshall ha gli scarponi incrociati sopra i resti del cartello abbattuto.

"Allora che, li vuoi tirare giù tutti?" – Mitchell piega un braccio dietro la testa, raspandosi lo zigomo gonfio coi polpastrelli sporchi.

"Perché no."

"… Saranno sparsi sulla pelle di tutto il pianeta, Christ. I neo-luddisti stanno dappertutto."

"C’ho un sacco di tempo da buttarci dietro, mi pare." – Marshall si spalma una mano fra i capelli brunastri, trascinando gli angoli della bocca tumefatta a ridosso delle guance lisce da ragazzino.

Mitchell lo conosce, quel sorriso da lupo. Si tira a sedere con un guizzo energico di muscoli già formati, affondando le nocche contro il plesso solare del fratello minore – che impreca e si contorce come un serpente sotto a un sasso.

"Fuck, sei un caso perso."



 [Marshall Lee, 13 y.o.]