mercoledì, dicembre 11

"You better run through the jungle."

10 Dicembre 2515,
Bullfinch.


"Marsh … ? Dove cazzo … Mi senti? Marsh?"
"Nina."
"Marsh, Cristosanto … È sangue quello? Sei coperto di- …"
"Non è mio, sta’ zitta e ascolta. Dov’è Mitchell?"
"Non lo so, è andato …"
"Dove."
"È uscito."
"Dove!"
"Non lo so! È uscito, cazzo. Non lo so dov’è andato. Che cazzo succede? Il cielo …"
"Ascoltami."
"… Il cielo sta andando a fuoco."
"Ascoltami!"
"…"
"Trova Mitch, prendete Justice e andatevene."
"Andarcene? Dove …"
"Lo sa lui."
"Che cazzo vuol dire lo sa lui? Fuck, Marsh- …"
"Now, Nina."
"Ok … Ok."
"Sbrigati."
"Vaffanculo. Ti voglio bene."
"Vaffanculo anche a te."


[…]

Le montagne, la pianura, le montagne. Justice tiene gli occhi chiusi, con la testa sulle gambe di sua zia, ma non dorme veramente. A tratti la sua coscienza si squaglia nel sonno, riempiendo il ronzio monotono del motore della jeep con il canto di una sirena, il volo radente di uno stormo di anatre d’oro. A momenti riaffiora, invece, portandole la tensione dei muscoli sottili e nervosi di zia Nina, il martellare della pioggia lungo i vetri e sul tettuccio. Il cielo cade a pezzi da mesi, come ogni anno, ma non c’era mai stato un tramonto così lungo nella vita di Justice. Da un finestrino schiuso le arriva l’odore della terra bagnata, mescolato a quello pungente e fastidioso della sigaretta di suo padre e a uno strano aroma metallico mai sentito prima. Se sbircia attraverso le ciglia riesce a vederne la nuca bionda, ingoiando con la coda dell’occhio il vuoto spaventoso che riempie il sedile accanto al suo. Il cuore le sbatte nel petto come una cavalcata di tuoni, stretto nella morsa angosciante di dita di strega. Le hanno detto che non deve avere paura, ma i bambini sono come ripetitori di carne, e lei sa che non è vero. Vorrebbe che zio Marshall fosse lì perché lui non le dice mai bugie. 

Non sa quanti cervi dalle corna rosse le abbiano sorriso quando la jeep si ferma, e un paio di braccia solide la prelevano dal sedile.



[…]

"Dio, ti prego, fa’ che quello stronzo fottuto se la cavi."

È l’unico, breve pensiero che Mitchell riesce a dedicare a suo fratello mentre, la figlia tra le braccia ed un borsone pesante calcato in spalla, affonda gli scarponi nel fango che scorre come lava gelida fra le asperità del fianco roccioso della montagna. Le fibre nervose e accaldate dei suoi muscoli continuano a pregare e a smaniare rivolte ad est, senza che la sua testa le segua, mentre il maggiore dei Lee concentra ogni lembo della propria razionalità nella complessa operazione di orientarsi sotto il diluvio e la cortina di fumo che ha affollato il cielo di nuvole rossastre. Justice si appende al suo collo e gli tossisce sulla spalla, tremandogli sullo sterno per le lacrime congelate che il vento freddo le fa bruciare sulle guance. Non si lascia scappare un suono, chiudendo i singhiozzi nella chiostra dei minuscoli denti stretti. Nina lo precede con la grazia irruente di uno stambecco, schiacciata sotto il peso dello zaino e del fucile, fermandosi ogni mezza dozzina di metri per voltarsi a cercarlo con gli occhi allargati. Mitchell deglutisce, spazza le rughe della montagna con gli occhi inumiditi dalle sferzate d’aria. Poi spinge il mento in avanti per indicarle la direzione, ma Nina non si muove. È rimasta pietrificata, la bocca schiusa in un verso d’orrore muto, trascinato via dalle raffiche di vento. Voltando la testa, in bilico su uno zigomo di roccia, Mitchell vede i soldati che marciano fuori dalla giungla, attraverso la patina sanguigna della notte sconvolta dai bombardamenti, come uno sciame di formiche blu dalle teste lucenti. Si riversano nei campi ai piedi della montagna, fiancheggiando l’avanzata dei mostri cingolati che mordono e calpestano la pelle di Bullfinch, infettando tutto quello che toccano. La distanza è troppa perché corrisponda un suono ai lampi di luce sulla bocca dei fucili, ma le retrovie dei Confederati vengono trucidate lungo la strada in un massacro di bestie ostinate, incapaci alla resa, che mordono la mano dell’invasore finché questi non apre loro il cranio. I muscoli di Mitchell si rivoltano, schioccando frustate di tensione sotto la pelle, ma il peso di Justice lo tiene ancorato al ciglio di pietra. Gira gli occhi verso l’alto, trova lo sguardo bagnato di Nina e stringe i denti, facendole segno di proseguire.
Sono quasi al sicuro.