martedì, novembre 18

Only skin.

18 Novembre 2516,
Richleaf (Maracay).
Interno giorno.


Maracay è una gemma di cemento e metallo incastonata nel cuore della foresta tropicale. Una regina incoronata dalle guerre intestine che pompano sempre nuovo sangue lungo le sue strade, nuova devozione nelle vene dei suoi sudditi-soldato.
Marshall ha rifiutato già da tempo l’idea di Dio, ma mentre attraversa il barrio Cienfuegos all’ombra dei giganteschi alberi di ebano che, più alti dei palazzi, svettano come vele brune all’orizzonte, gli viene facile immaginarli come il trono dei Loa che ha visto disegnati sui muri del locale in cui Moloko lo ha costretto a immergersi nella marea nauseante, eccitata, dei corpi sconvolti dalla musica.
Si sente addosso il marchio segreto di quel rito, nascosto sotto il sudore che gli ha reso lucida la carne, e gli occhi dei bambini e delle donne affacciati sui portoni e alle finestre hanno lo stesso sguardo curioso e indifferente del Padre-serpente del voudùn.

"It’s been a while, Lee."

Sulle labbra da teschio di Cristobal trova un fuoco mai spento, ma nei suoi occhi verdi una serenità limpida e più profonda delle radici dell’ebano: nella sua casa, nel suo mondo, Oxossi e i suoi tatuaggi da scheletro trovano il loro posto come il tassello mancante di un mosaico.
Marshall solleva una delle due tazze di terracotta posate sul tavolo di legno scuro, arricciando il naso adunco per ingoiarsi l’odore fresco e pungente delle erbe sciolte nell’acqua bollente.

"La prigione della contea di Buffalo mi ha tenuto occupato."

Cristobal solleva le arcate d’osso che coronano le orbite vuote dipinte sulle sue palpebre: un po’ sorpreso, un po’ preoccupato, gli cerca addosso i segni della detenzione. Soppesa il silenzio per una manciata di secondi prima di sbuffare una risata, incalzandolo con due dita.

"Caralho, non c’è mica il veleno dentro."

"Fuck you."

Marshall non ne è tanto sicuro, ma dopo aver rivoltato un ghigno sfrontato all’ombra degli zigomi spigolosi non gli resta che bere l’intruglio dolceamaro e dissetante, preparato dalla stessa donna corpulenta e senza età che l’ha accolto sulla porta come se lo stesse aspettando.

"Come vanno le cose qui?"

Cristobal beve e sprofonda lo sguardo nel contenuto della propria tazza, come se potesse leggerci dentro un quadro strategico della guerriglia che non smette mai di straziare la sua terra.

"La sete di sangue che alimentava la faida si sta estinguendo … Come sempre, nessuno ha vinto e tutti abbiamo perso qualcosa."

Lee strattona contro le guance ripide un ghigno melenso, senza riuscire a fermare lo sguardo che scivola contro i lineamenti tatuati di Oxossi come l’acqua lungo le rapide di un fiume.

"Jeez, Bones, così malinconico …"

Il teschio stiracchia un sorriso sardonico, singhiozzando un sospiro che gli fa sussultare sul petto nudo la testa d’uccello appesa intorno al collo. Marshall si guarda intorno con l’inquietudine annodata nei muscoli, in bilico sul confine fra sollievo e disagio.

"Volevo portarti Hope, ma in questa città del cazzo è peggio che a Serenity Valley."

"Ay, callate. – la severità di Cristobal non è collerica; lo ammonisce come si fa con i bambini e lo costringe a tornare a guardarlo, prima di stringersi nelle spalle con una svirgolata pigra del sorriso. – Allora perché sei venuto?"

Marshall mastica un ghigno crudo, cercandosi le sigarette in una tasca per mascherare la torsione frustrata dei fasci di carne attorcigliati sulle ossa come una nidiata di serpenti.

"’Cause I’m not able to see you anymore."

L’insofferenza mortificata e scossa dalla nostalgia che gli arroventa la voce si scontra con occhi verdi troppo brillanti, intrisi di una comprensione che Lee non si aspettava e lo colpisce, costringendolo a girare il viso di scatto, come lo schiocco di un nerbo di cuoio.
Rovescia la tazza di té ancora mezza piena nella torsione brutale di carne e nervi con cui si tira in piedi.

"… Fuck you and fuck y’all bloody fortune-tellers."

Rovescerebbe anche il tavolo, se non avesse il peso stabile del legno massiccio ad ancorarlo in terra, per impedire ad Oxossi di scattare come un ragno d’acqua sul pelo del lago, aggirando l’ostacolo per scavalcare il divario d’altezza a mani tese verso il suo volto.
Il desiderio di affondargli le nocche in faccia gli svapora dalle ossa nel momento in cui si sente afferrare delicatamente la testa, chinando il mento per lasciarsi addomesticare dal contatto asciutto con cui la bocca da teschio gli tampona le labbra.
Poi, senza tirarsi indietro, così vicina che Lee non è sicuro che quella che sente sia davvero la voce di Cristobal, gli restituisce un segreto.

"You can’t be angry forever."





 And when the fire moves away,
fire moves away, son.
Why would you say
I was the last one?