giovedì, novembre 27

I. Gabriel Cortès

27 Novembre 2516,
Richleaf (Maracay).
Interno giorno.


Gabriel Cortès è il più giovane e il più magro dei fratelli di Moloko. L’alcolismo gli ha asciugato i muscoli sulle ossa e ha calato una patina di allucinazione umida sugli occhi gentili, annegati nella distrazione degli artisti. Al sanatorio di Tartagal ci va per schizzare su fogli di carta volanti la miseria, la morte e il dolore: si immerge fra i malati e i feriti in cerca di ispirazione, ma anche di riscatto per le vite senza nome a cui restituisce pennellate di dignità nei suoi quadri.
Marshall lo trova sprofondato in una vecchia poltrona sgualcita, dall’imbottitura rotta, che qualcuno ha trascinato al capezzale di una bella ragazza sospesa fra la vita e la morte per la mitragliata sfuggita ad uno scontro fra bande. Danni collaterali.

"Me dicen el desaparecido
que cuando llega ya se ha ido

volando vengo, volando voy

deprisa deprisa a rumbo perdido …"

Gabriel la scruta con un occhio chiuso e uno aperto, la testa appena appena inclinata da una parte, come se stesse cucendole addosso uno studio prospettico, mentre si fa scivolare in bocca le note dolci di una canzone trasognata.

"Cuando me buscan nunca estoy
cuando me encuentran yo no soy
el que está enfrente porque ya
me fui corriendo más allá …"

Lee non lo interrompe subito. Cava un pacchetto di sigarette alle tasche del pantalone mimetico e ne raccoglie una con i denti, sfilando con le dita spesse una seconda Cheltenham da incastrare sopra l’orecchio sinistro di Gabriel che, come allo spezzarsi di un incantesimo, spegne la voce per torcere a malapena il collo e guardarlo di traverso.

"Si sveglia?" – Marshall biascica sul filtro della cicca mentre, schivando lo sguardo da sonnambulo del ragazzo, fa piovere il proprio sopra la sua spalla.

Sul taccuino spiegazzato che Gabriel tiene sulle gambe ci sono poche linee tremanti scavate a matita, e in quella manciata di linee ammucchiate quasi distrattamente il corpo della sconosciuta viene fuori dal foglio come un sogno sfaldato alla luce del mattino.
Il pittore si stringe nelle spalle.

"No sé, dicono che se non si sveglia stanotte non si sveglia più." – non è crudele, Gabriel Cortès, ma infinitamente assente.

Marshall si accende la sigaretta masticando una boccata di disagio, un’impazienza che solo i momenti d’inerzia irreale dei tossici e degli alcolizzati riescono a mettergli addosso: Gabriel sembra stremato, all’idea di muoversi, ma si tira in piedi per barcollare accanto al letto scalcinato della ragazza senza nome e sporgersi a guardarla dall’alto.

"Cerco tuo fratello."

Gabriel flette la schiena affusolata in una curva dolce, malgrado gli spigoli alati delle scapole, per posare un bacio sulle labbra della bela adormecida.

"… Sergio."

Il nome del fratello maggiore convince Cortès a voltarsi, appoggiando le natiche al comodino di metallo spoglio su cui qualcuno ha posato un fiore di carta di giornale. Incrocia le braccia e spiegazza un sorriso gentile, distaccato.

"Nessuno cerca Sergio, tutti sperano solo che non sia lui a trovarli."

Marshall mastica il filtro della cicca con un’alzata di spalle, appendendo le dita spesse di una mano al collo slabbrato di un maglione blu dalla trama sfilacciata. Rigira un ghigno melenso da canaglia sotto gli zigomi aguzzi.

"C'mon, Gabe …"

Gabriel dondola sui talloni con aria indecisa, uno strano sorriso eccitato sulla bocca e occhi più vacui che mai.

"Andiamoci a bere una cosa, prima. Serginho mi potrebbe anche ammazzare."





Me dicen el desaparecido

fantasma que nunca está,

me dicen el desagradecido

pero esa no es la verdad

Yo llevo en el cuerpo un dolor

que no me deja respirar

llevo en el cuerpo una condena

que siempre me echa a caminar