giovedì, dicembre 4

III. Josè Cortès

28 Novembre 2516,
Richleaf (Maracay).
Interno giorno.


L’infermeria di Tartagal ha sempre lo stesso odore di disinfettanti scadenti, di medicinali andati a male. Al posto degli antidolorifici usano la Switch e nei letti passano tutti i tossici della zona a cercare di spacciarsi per malati. Una volta un ragazzo con le occhiaie scavate fin dentro al teschio si è sparato su un piede per riuscire a farsi dare un paio di dosi.
Josè Cortès è l’unico medico dell’ambulatorio a non andare né in chiesa né ai riti delle paludi, a non tracciare croci d’acqua sporca né sigilli di sangue animale sul petto dei propri pazienti. Ha capito che nel lavoro devi scegliere se affidarti alla benevolenza di qualche potere superiore o soltanto alla precisione delle tue mani; che non puoi essere sia un santone che un dottore.

"Ci sai stare fermo, Tractòr?"

Si lamenta con un fiotto di voce profonda, pacata come il corso regolare di un fiume, mentre passa l’ago attraverso la guancia di Marshall, ricucendone i lembi con cura metodica e mani da picchiatore intrise di leggerezza.
Il fascio di dreadlocks raccolti verso l’alto gli spiove sulla testa come le fronde di un salice.

"Hhnnch."

Il grugnito inarticolato di Lee è riottoso quanto i fasci di muscoli rivoltati lungo le spalle, frementi nell’immobilità cui è costretto, inaccessibile alle mani dell’unico medico di cui si fidi sulla faccia del ’Verse: sé stesso.
Josè ne percepisce il fastidio, la tensione inquieta, ma finisce di chiudergli i punti sulla faccia con pazienza.

"Sergio non è venuto."

Alza le mani, mostrando l’ago pinzato fra due dita e il palmo vuoto come si fa per rassicurare gli animali. Marshall lo insegue con gli occhi inumiditi dal dolore, smaniosi come una muta di cani, mentre si contrae come una molla per tornare in piedi e scrollare le spalle, iniettando fra i capelli le dita dalle nocche sbucciate. Rivolta i ciuffi bruni, corti e disordinati con ostinazione nervosa; la tentazione di un ghigno crudo gli tende i punti freschi scaricando fra le ciocche lo spasmo di una trazione violenta, che combatte il dolore con altro dolore.

"Il naso gliel’ho sistemato io." – articola a fatica, masticando la voce rauca insieme al sapore di sangue e disinfettante.

Josè sta mettendo gli strumenti a bagno nell’alcol, ma si ferma per girare il collo e scorrere gli occhi neri, accesi da una luce sorniona, sul muso gonfio, sfregiato e tumefatto del ’Buller.

"Allora avete fatto pace, ah."

Lee sputa un grumo d’ilarità scettica attraverso il naso, mostrando a Cortès il dito medio prima di frugarsi le tasche del pantalone mimetico. Ci trova un pacchetto di Cheltenham mezzo vuoto e lo mette in mano al fratello di Moloko con un sospiro sfastidiato.

"In questo buco è peggio di una trincea, cercherò di farti avere qualche pesos che non viene dalle mani dei trafficanti … Soldi puliti."

Marshall strofina un polso solido contro la fronte, Josè si prende le sue sigarette con un sorriso disincantato e gli molla una pacca generosa sulla spalla.

"Como echar agua al mar, i soldi sono fiori che sbocciano nel sangue."





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