giovedì, maggio 1

Keep pushing the elephant up the stairs.

1 Maggio 2516,
Safeport / Bullfinch.
Interno notte.


"So you killed the baby."

La voce all’altro capo di Polaris suona asciutta, dura come le nocche di un pugno stretto con vigore, ma impermeabile allo shock.

"Non era un bambino, Nì, mi stai ascoltando?"
"È uscito dalla pancia di sua madre, no?"
"Puoi scommetterci. Se la stava mangiando dall’interno come un cazzo di parassita, non era- … non era umano."

Nina Lee sta in silenzio per qualche secondo, in piedi davanti al tavolo del salotto, lisciando le venature del legno inciso a filo di coltello con il pollice mentre si tiene il cortex vicino alle labbra, con l’altra mano, per non dover alzare troppo la voce.

"… Cos’era allora."
"Non lo so, devo aprirlo per scoprirlo."
"Then go."
"Non- … Jeez, non so se ce la faccio."

C’è qualcosa, nell’angoscia che anima la voce di Marshall, che le stringe lo stomaco e i polmoni come se qualcuno la stesse strattonando dall’interno. Scrolla piano la testa bionda, anche se il fratello non può vederla.

"Certo che ce la fai, se hai potuto ammazzarlo puoi aprirlo. E se non era una creatura di Dio, come dici, non devi neanche sentirti in colpa per avergli spaccato la testa."
"..."
"Man up, Chino."
"Yeah, thanks."

Marshall chiude la comunicazione e lascia rotolare il pad sullo scrittoio di metallo, trascinando cinque dita spesse e ormai lavate dal sangue fra i capelli sfatti e ancora umidi. Ingoia un respiro profondo attraverso il naso adunco, spezzato da più di una frattura calcificata, torcendo il collo per spazzare la cabina con un’occhiata che la sagoma minuscola di Hope, fra le coperte della branda di Moloko, cattura su di sé come un magnete. Scrolla le spalle nervosamente, per scacciare il conato di nausea che gli ha stretto lo stomaco, e stringe in bocca una bestemmia mentre imbocca la porta.

Mezza galassia più in là Nina chiude gli occhi e, per la prima volta dopo anni, prega Dio che le braccia di suo fratello restino pulite.