lunedì, aprile 21

You can scratch all over but that won’t stop you itching.

21 Aprile 2516,
Polaris (Koroleva).
Interno notte.


Il Wyoming Archangel’sk lascia l’orbita in orario, spaccando la crosta invisibile del cielo di Koroleva con un fremito di lamiere improvvisamente libere da tonnellate di pressione atmosferica. Marshall ha salutato Elian allo spazioporto e si è fermato a comprare un paio di pacchetti di natsional’nyy prima di lasciare il pianeta. Se ne rigira una fra le dita robuste, seduto sul bordo della branda, nella cabina spoglia e immersa nel cigolio sommesso che le vibrazioni del motore nucleare iniettano fra le giunture metalliche dell’astronave. Si è potuto sfilare di dosso gli strati di lana infeltrita, ora che il gelo rigido di Stalingrad non gli frusta più le ossa, ma ha i polpastrelli spaccati dal freddo e nel naso un’umidità fastidiosa.

"Secondo me ti ha raccontato solo stronzate su quell’accendino."

La voce prende corpo nell’angolo della cabina dov’è imbullonato lo scrittoio. Sollevando il mento con uno scatto allertato, Marshall trova i quadri verdi e bianchi della camicia larga e sdrucita che veste le spalle spesse di un ragazzo sulla ventina, addossato di natiche al bordo del tavolino di metallo e impegnato a ricacciare indietro con le dita la torma ramata di riccioli accatastati sulla testa.

"… Non è una specie di costante, con le donne della tua vita?"

Dorian Beckett si appende le sopracciglia in fronte con un singhiozzo interrogativo, indolente e malinconico dei lineamenti dolciastri, ancora non del tutto lavati dagli strascichi dell’adolescenza. Seduto scompostamente, con un piede scalzo piantato a terra e l’altro sul bordo dell'unica sedia in dotazione alla cabina, riflette l’allerta limpida dello sguardo di Marshall nel verde degli occhi umidi e annacquati dall’alcolismo.

"Te lo ricordi quello scricciolo che ti ha venduto a Joe Black, no? … Zoe Morrigan. – il sorriso che gli scivola sotto i baffetti fulvi è intriso di un’ironia mesta, – Vuoi dirmi che non le spezzeresti qualche osso, se non fosse sparita dalla faccia del ’Verse?"

Marshall scrolla le spalle con uno spasmo nervoso dei muscoli, rivoltando il labbro superiore contro ai denti e sfiatando dal naso un grumo di sprezzo denso.

"Non ti risponderei neanche se esistessi davvero." – gli fa notare, svogliatamente, arricciando gli angoli della bocca in un sorriso ripido e addentando l’estremità morbida della Nazionale senza filtro.

"È proprio perché esisto solo nella tua testa che non ho bisogno di una risposta."

La logica quieta di Dorian gli gonfia la schiena larga d’insofferenza, annodando il groviglio di muscoli elettrici e iniettando un’urgenza stizzita nelle dita spesse che rivoltano la scatola dei fiammiferi, spezzandone un paio prima di riuscire ad accendere la sigaretta. Nemmeno il sollievo avvelenato del primo sorso di catrame riesce a spegnere il formicolio dilagato sotto la pelle come una laboriosa colonia d’insetti.

"… Chissà la madre di tuo figlio che cosa non ti racconta. Magari se la fa con quel negro enorme. Non ti sembra un po’ uno di quei tori del Red Hooves? Deve avercelo molto più grosso del tuo."

Beckett si tira in piedi senza fretta, stiracchiandosi, ed allunga una mano grande e callosa, sporca di olio motore, per raccogliere la matassa di corda appesa allo schienale della sedia. La sbroglia senza fretta, con metodo, piegando il mento ispido di peluria acerba incontro alle clavicole scoperte dal colletto spiegazzato. Marshall lo guarda annodare un’estremità della cima, chiedendosi confusamente da dove venga mentre recupera la cicca con due dita, raspando l’angolo interno degli occhi con quelle della mano libera.

"In quel caso sarebbero solamente cazzi loro."

"Hhnnon è così che hai perso Sue, Lee? Dandole troppa corda e spedendola dritta nelle braccia di un altro?"

"Sue si era trovata l’uomo migliore che potesse trovarsi, pace all’anima di quel povero diavolo."

Dorian annuisce, rovesciando gli occhi in alto per valutare la distanza della trave di legno che attraversa il soffitto della cabina, più simile all’architrave portante di una stalla o di un vecchio fienile, fusa nel metallo alla maniera irreale di certi sogni saldati insieme. Marshall scatta in piedi, coi muscoli vibranti come cavi tesi, quando lo vede oscillare la corda e poi lanciarla per farne passare l’estremità annodata oltre il sostegno solido della putrella. Deglutisce a fatica un bolo di fumo e saliva mentre Beckett finisce di preparare il cappio, soppesandolo dal basso con compiacimento assorto.

"… Così, in realtà l’unica donna che hai sempre cercato di tenere al guinzaglio è stata Sharon."

"Fuck you. – Marshall gli ringhia addosso, a bruciapelo, prima che abbia pronunciato l’ultima lettera del nome di sua sorella; – Dovresti sciacquarti quella bocca di merda prima di nominarla."

La tentazione d’ingoiarsi la distanza esigua fra il letto e l’angolo della cabina gli rivolta i fasci di carne sotto la pelle e i vestiti, ma le dita di Dorian abbandonano la ruvidezza della corda per arrampicarsi lungo la fila di bottoni della propria camicia. Li slaccia uno per uno, svelando il torace asciutto e l’intreccio generoso dei muscoli, inchiodando le spalle di Marshall al muro con l’alone violaceo e arrossato dei lividi freschi che gli mangiano la pelle a chiazze.

"Hai ragione. Mi dispiace."

Dorian stropiccia una smorfia triste, di rassegnazione malinconica, mentre lascia cadere a terra la camicia e contempla, indeciso, l’orlo dei jeans leggermente cascanti sui fianchi stretti. Se li tiene addosso, afferrando la spalliera della sedia per trascinarla sotto il cappio ed issarcisi con un guizzo svelto, quasi ansioso, delle gambe lunghe. Marshall fa leva sulle proprie appena prima che cedano, scollandosi dalla parete con uno spasmo dei gomiti per imboccare la porta automatica ed affacciarsi precipitosamente sul corridoio vuoto del Wyoming, proprio mentre il tonfo della corda tesa gli stura le orecchie dall’interno, spremendo al cuore una picchiata violenta ed annodandogli le viscere in un grumo pulsante di nausea. La sigaretta è rotolata in terra nella foga di sfilarsi alla prigione della cabina infestata, e nel tubetto del nootropam gli sono rimaste quattro pillole.

Le prende tutte.