mercoledì, novembre 20

The straightest way ...

18 Novembre 2515,
Bullfinch (Amarillo).
Interno notte.


Marshall è sdraiato sulla schiena, le spalle scollate dal legno del tavolo per inseguire idealmente la linea protesa delle braccia allungate sopra la testa. Rigira fra le dita spesse il calcio di una Shell Dhole dalla tempra ossidata, che ha l’aria d’essere più vecchia di lui. Ne esamina il profilo massiccio sottosopra, con un occhio strizzato e la testa brunastra rovesciata indietro a snudare l’arco teso del collo. Una gamba piegata, la suola dello scarpone incastrata sull’orlo del tavolo, e l’altra abbandonata verso il pavimento ne fanno un aggraziato ritratto di compostezza ubriaca.
Mitchell è biondiccio, dimostra forse un paio d’anni in più. Avrebbe bisogno di radersi, anche lui, ma le linee del suo viso si snodano con una dolcezza sconosciuta al muso aspro del fratello. Siede allo stesso tavolo, ridotto a un cimitero di birre vuote, che il minore dei Lee ha colonizzato con la schiena larga; spalmato sullo schienale in piena grazia di Dio, con un sorriso stretto fra le labbra e gli occhi chiari, gli occhi di famiglia, che pungolano il fianco altrui.

"Non te l’ho data mica per sparare alle tende, ah?"

"Va' a farti fottere... ’stammerda mi sembra un ferro vecchio, sei sicuro che non mi scoppia in faccia?"

Trova il nome graffiato sotto il calcio, lo spolvera con un soffio e l’avvicina alla cima del naso per spalmarne la linea spezzata contro il culo spigoloso dell’arma – se l’infila quasi in un occhio quando le nocche di Mitchell, affondate brutalmente nella coscia, gli scaricano un sussulto di sorpresa e di dolore lungo i muscoli.

"Fuck... Fuck."

Marshall tenta di rivoltarsi con un colpo di reni frenetico, alla maniera dei cani rabbiosi, ma è troppo innaffiato di Gran Riserva. La pistola crolla sul tavolo con un tonfo, coronato dallo schianto di bottiglie vuote rovesciate in ogni direzione, e Mitchell è più svelto a tirarsi in piedi, barcollante, buttandosi in avanti a peso morto per aprirgli una mano sullo sterno e caricare l’altra contro il suo muso – gli liscia la mascella di misura, schiantando le nocche sul legno con un’imprecazione cruda. Marshall scoppia a ridere, sganciando la suola dello scarpone dal bordo del tavolo per sbatterla sulle costole altrui con un ululato.

"Shit... Gawd ..."

Il maggiore dei Lee tossisce, scansato dalla violenza dell’impatto, incespicando a ritroso e concedendo a Marshall il margine di spazio per issarsi a sedere. Annaspando fra una risata e un ringhio bellicoso, si spinge a terra e accusa, nell’immediato, il cedimento molle delle ginocchia. Gli occhi da lupo, stretti nella feritoia delle palpebre, schizzano in faccia al fratello intercettandone il ghigno sghembo. Il guizzo brutale di muscoli col quale assesta la postura traballante non è svelto abbastanza da evitare che Mitchell l’agguanti per il bavero della canotta, esplodendogli sul grugno una testata carica d’affetto.

Marshall sente la scatola cranica rimbombare di lampi, il sapore ferroso del fiotto grondato sulle labbra, ed allunga le nocche in cerca del muso di Mitchell mentre il mondo gli si capovolge attorno.

Nina li trova per terra, a rotolarsi fra i cocci di bottiglia e il pantano appiccicaticcio dei fondi di birra rovesciati.

Ridono come bambini.



[Bullfinch, 18 Nov. 2515]