15 Ottobre 2516,
Safeport (Almost Home).
Interno notte.
Safeport (Almost Home).
Interno notte.
La cabina si stringe e si dilata, avvitandosi su se stessa come un incubo di lamiera, e le ossa palpitano di febbre mentre sulla pelle si arrampica un formicolio feroce che striscia sotto le pieghe dei vestiti zuppi di sudore, pesanti come se fossero cuciti nel piombo.
I boati del cuore rimbombano come un’eco lontana e le costole, rese ingannevolmente fragili dall’indolenzimento, ne amplificano la corsa angosciante contro il tempo immobile, che sembra non scorrere mai.
I boati del cuore rimbombano come un’eco lontana e le costole, rese ingannevolmente fragili dall’indolenzimento, ne amplificano la corsa angosciante contro il tempo immobile, che sembra non scorrere mai.
Spartaca, 2509.
Marshall ha venticinque anni, Joan Greene trentanove. È la creatura più rigorosa che Lee abbia mai conosciuto.
Tra un incubo colloso e un delirio ad occhi aperti la vede affiorare al proprio fianco per costringerlo a bere acqua fresca, asciugandogli il sudore dalla fronte e vegliandolo come un severo guardiano di pietra.
"È la terza, quarta volta?"
La sua voce roca e femminile si fa largo attraverso gli strati di paranoia che gli ovattano le orecchie, pungolandolo come la punta di un forcone e spingendo contro le guance ripide un ghigno esausto.
"… La quinta."
Cavarsi una risposta gli costa un brivido profondo, sgradevole quanto l’impressione che una lama di fiato gli stia intaccando le costole dall’interno.
"Sei un masochista disperato, Lee. – Joan conserva tutto il tatto di cui è capace per le delicate incursioni delle dita nella carne dei militari feriti; – … Devi spezzare questo circolo vizioso, ragazzo. Smettere di farti e poi ricominciare ogni due mesi non ti terrà fuori dalla tomba, ti ci farà sprofondare più in fretta."
Marshall ascolta senza sentire. La voce della dottoressa di Blackrock è ruvida e calda come il velluto, se la sente strisciare sulla carne sudata in un impulso tattile inspiegabilmente carico di significato. Non è la verità che gli viene imboccata, forse, a stringergli la bocca dello stomaco nel pugno invisibile di un conato di nausea.
"Dov’è tuo marito, doc?" – vorrebbe suonare sfottente, meno esasperato dal dolore, mentre sbroglia la stessa domanda con cui l’avrà pungolata un centinaio di volte.
Non si aspetta di ricevere una risposta.
"Non mi sono mai sposata."
"Uhh, really? … Then you shou’d like, kiss me, or s'mthin’."
Nessuno ha mai visto sorridere la dottoressa Greene, i segmenti retti e gli spigoli implacabili del suo viso lentigginoso nascondono la dolcezza come le spine dell’agave ne difendono la polpa profumata.
Gli scosta i capelli dalla fronte madida con una smorfia neutrale.
"… When you get clean, maybe."
Tra un incubo colloso e un delirio ad occhi aperti la vede affiorare al proprio fianco per costringerlo a bere acqua fresca, asciugandogli il sudore dalla fronte e vegliandolo come un severo guardiano di pietra.
"È la terza, quarta volta?"
La sua voce roca e femminile si fa largo attraverso gli strati di paranoia che gli ovattano le orecchie, pungolandolo come la punta di un forcone e spingendo contro le guance ripide un ghigno esausto.
"… La quinta."
Cavarsi una risposta gli costa un brivido profondo, sgradevole quanto l’impressione che una lama di fiato gli stia intaccando le costole dall’interno.
"Sei un masochista disperato, Lee. – Joan conserva tutto il tatto di cui è capace per le delicate incursioni delle dita nella carne dei militari feriti; – … Devi spezzare questo circolo vizioso, ragazzo. Smettere di farti e poi ricominciare ogni due mesi non ti terrà fuori dalla tomba, ti ci farà sprofondare più in fretta."
Marshall ascolta senza sentire. La voce della dottoressa di Blackrock è ruvida e calda come il velluto, se la sente strisciare sulla carne sudata in un impulso tattile inspiegabilmente carico di significato. Non è la verità che gli viene imboccata, forse, a stringergli la bocca dello stomaco nel pugno invisibile di un conato di nausea.
"Dov’è tuo marito, doc?" – vorrebbe suonare sfottente, meno esasperato dal dolore, mentre sbroglia la stessa domanda con cui l’avrà pungolata un centinaio di volte.
Non si aspetta di ricevere una risposta.
"Non mi sono mai sposata."
"Uhh, really? … Then you shou’d like, kiss me, or s'mthin’."
Nessuno ha mai visto sorridere la dottoressa Greene, i segmenti retti e gli spigoli implacabili del suo viso lentigginoso nascondono la dolcezza come le spine dell’agave ne difendono la polpa profumata.
Gli scosta i capelli dalla fronte madida con una smorfia neutrale.
"… When you get clean, maybe."
Safeport, Almost Home.
Il cortex pad deve trillare parecchie volte prima che il suono riesca a bucare la patina d’insofferenza ed apnea acquatica in cui è immersa la testa di Marshall, che si torce confusamente sulla branda per vincere i crampi cocenti dei muscoli e rivoltarsi il display sotto gli occhi appannati.
Le lettere digitali si mischiano e si squagliano l’una nell’altra.
Il Core sotto attacco: è strage.
Mette a fuoco con fatica. Diversi satelliti Ikon hanno, simultaneamente, aperto il fuoco sui tre mondi del Core. I dettagli dell’articolo gli si attorcigliano nel cervello, arrampicandosi sotto la pelle come un prurito incontenibile.
Mai, nella sua storia, il Core ha subìto un attacco così devastante, proditorio, proprio nel cuore dei mondi che sono colonna portante dell’Alleanza.
Scoppia a ridere, costretto a vomitare l’ilarità insieme ai succhi gastrici nel secchio di ferro ai piedi del letto.
Le lettere digitali si mischiano e si squagliano l’una nell’altra.
Il Core sotto attacco: è strage.
Mette a fuoco con fatica. Diversi satelliti Ikon hanno, simultaneamente, aperto il fuoco sui tre mondi del Core. I dettagli dell’articolo gli si attorcigliano nel cervello, arrampicandosi sotto la pelle come un prurito incontenibile.
Mai, nella sua storia, il Core ha subìto un attacco così devastante, proditorio, proprio nel cuore dei mondi che sono colonna portante dell’Alleanza.
Scoppia a ridere, costretto a vomitare l’ilarità insieme ai succhi gastrici nel secchio di ferro ai piedi del letto.
See I left my mother’s heart,
See I left my father’s home,
And I fell into a well of hope…
I’m carrying my heart but it’s made of stone;
I’m carrying my heart, but my heart is made of stone.
See I left my father’s home,
And I fell into a well of hope…
I’m carrying my heart but it’s made of stone;
I’m carrying my heart, but my heart is made of stone.